BOMARZO PARCO DEI MOSTRI COSA VEDERE COSA FARE
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Bomarzo è una località della Tuscia laziale a pochi km dal confine umbro, adagiata fra i Monti Cimini e la valle del Tevere. Conosciuta soprattutto per il Bosco Sacro o Parco delle Meraviglie o dei Mostri, è una meta molto interessante da raggiungere, con molte curiosità e un’atmosfera misteriosa.
Sul borgo di Bomarzo spicca il Palazzo Orsini, costruito su antiche mura difensive di un castello medievale. Attualmente all’interno si trovano gli uffici comunali, ma è tuttavia in parte visitabile.
PARCO DEI MOSTRI DI BOMARZO
Il Sacro Bosco, come è anche chiamato il parco di Bomarzo, fu voluto dal principe Pier Francesco Orsini, detto Vicino Orsini, nel 1547. Lo dedicò alla moglie Giulia Farnese, morta prematuramente. Il principe fu un condottiero nelle truppe papali, ma anche un appassionato letterato.

Le sue amicizie comprendevano molti filosofi e alchimisti. Questi ultimi erano, a quel tempo, i precursori degli odierni chimici,che, nei loro ragionamenti, mescolavano alle materie scientifiche anche la religione e l’astronomia.
STORIA DEL PARCO DEI MOSTRI O SACRO BOSCO
Vicino Orsini, che ebbe quindi influenze esoteriche, affidò la progettazione del parco all’architetto Pirro Ligorio. Quest’ultimo fra l’altro lavorò alla costruzione di Villa d’Este a Tivoli e al Cortile del Belvedere del Vaticano.

Le sculture nelle rocce basaltiche vennero scolpite da Simone Moschino, un architetto e scultore noto per la facciata monumentale della cittadella di Parma e lo scalone del Palazzo della Pilotta, sempre a Parma.
Il parco dei mostri prende questo appellativo proprio per le figure mostruose e mitologiche ricavate da grandi massi in peperino, la tipica roccia magmatica della Tuscia, che erano sparsi nella foresta di latifoglie, estesa su tre ettari.
L’idea originale di Vicino Orsini, era, forse, quella di creare un luogo fuori dal tempo e, secondo gli studiosi, poteva rappresentare anche un percorso iniziatico dell’uomo.
Secondo questo pensiero filosofico, ogni certezza e sicurezza umana doveva essere abbandonata a favore della verità, dell’irrazionalità e della conoscenza di se’ stessi.
RINASCITA DEL PARCO DI BOMARZO
Con la morte di Vicino Orsini, ultimo discendente della casata, nel 1585, il parco venne abbandonato e lasciato in grave stato di degrado per molto tempo.
Diversi furono gli artisti famosi che lo visitarono, come Salvador Dalì, (che si fece anche ritrarre in posizioni imprevedibili), Goethe e altri, che seppero apprezzare le forme di queste stravaganti sculture, allora sommerse dalla vegetazione e in totale abbandono.

Fortunatamente, nella seconda metà del Novecento, il parco venne rivalutato e riprese vita. Una coppia di coniugi, Giancarlo e Tina Bettini, entrarono in possesso di queste terre, dove fino ad allora, erano lasciate a pascolare greggi di pecore.
Grazie alla loro passione e volontà, è possibile ammirare questo fantastico giardino, riaperto nel 1954, e dove essi stessi sono stati sepolti.
La signora Bettini, fra l’altro, incappò in un incidente mortale proprio durante i lavori di sistemazione. Entrambi i coniugi riposano ora nel tempietto, nel quale, si suppone, precedentemente, furono sistemate anche le spoglie di Giulia Farnese.

SIMBOLISMO DEL PARCO DI BOMARZO
La disposizione delle sculture non è probabilmente quella originale, anche perchè molto tempo è trascorso dalla sua creazione. Il paesaggio è mutato, e nonostante studi approfonditi, la collocazione dei manufatti non è certa. Quello che è sicuro invece, è la meraviglia e lo stupore, che il Bosco Sacro regala a chiunque decida di visitarlo.

Il fatto questi luoghi siano abitati fin dall‘antichità, da etruschi e romani, e abbiano visto il passaggio dei templari, accresce l’alone di mistero e la curiosità a conoscere la sua storia.
Le sculture infatti si prestano a varie interpretazioni fantasiose ed esoteriche, senza contare che molte sono accompagnate anche da scritte enigmatiche, non complete, che rendono il parco ancor più affascinante.
VISITA DEL PARCO DEI MOSTRI DI BOMARZO
Il bosco di Bomarzo doveva essere il giardino delle delizie con sentieri serpeggianti che celava sorprese ad ogni angolo. Le figure possenti dovevano stupire i visitatori con le loro forme e posizioni innaturali ma allo stesso tempo eleganti.

La realizzazione del parco è quindi disordinata e fuori dai canoni di quel tempo, quando imperversava il manierismo, uno stile che cercava di migliorare ulteriormente quelli precedenti già perfetti.
Il parco dei mostri quindi, sorprende il visitatore man mano che lo scopre nelle sue scenografie inusuali, rispetto al tempo.
Le interpretazioni fatte sono molte, a seconda della corrente letteraria dello studioso. Molte si rifanno al pensiero di una rinascita dell’uomo, che non doveva avere più preconcetti e doveva essere puro, con una mente aperta pronto a conoscere se’ stesso.
PERCORSO DI VISITA DEL BOSCO SACRO
La visita al Bosco Sacro comincia seguendo un viale di accesso, in fondo al quale, oltrepassato un arco merlato, si incontrano le sfingi, simbolo dell’ignoto. Secodo alcune interpretazioni, una delle sfingi mette in guardia l’uomo e dice, che per raggiungere il cambiamento interiore, occorre un forte impegno; mentre l’altra invita al silenzio e all’apprendimento.

Ecco dunque di seguito le principali sculture, che si incontrano lungo questo percorso.
PROTEO-GLAUCO
Girando a sinistra, in fondo al vialetto, è posizionata la scultura di Proteo-Glauco, il figlio del dio Oceano, che cambia forma ed elargisce oracoli. Nel contesto del parco di Bomarzo potrebbe voler significare una ricerca da parte dell’uomo al fine di ottenere una propria coscienza sincera e semplice.
GIANO
Ritornando sui nostri passi, si incontra la testa di Giano o del vecchio cieco, forse, la personificazione della saggezza che non necessita della vista per guardare, ma solamente di una mente aperta.
ERCOLE E CACO
Scendendo alcuni scalini, ci si trova di fronte alla lotta fra i giganti, forse Ercole e Caco. Impersonificano probabilmente la lotta interiore che l’anima deve fare per ottenere la conoscenza e la purificiazione, oltre a liberarsi da ogni costrizione.
TARTARUGA-LA DONNA-LA BALENA
Il gruppo della tartaruga, la donna e la balena rappresentano la forza interiore che è protetta dalla sua corazza, e combatte le paure umane e i bassi istinti. La colonna posta sopra il carapace, con la figura femminile, esprime proprio l’ascesa dell’anima come simbolo di rinascita.
PEGASO-NINFEO-VENERE
Poco lontano, Pergaso, il cavallo alato indica la separazione dalla materia, che allo stesso tempo si purifica con l’acqua che sgorga dalla fontana sottostante.
La macina da mulino allude alla necessità della separazione della parte pura dell’anima da quella impura.
Ninfeo con le tre grazie abbracciate, simbolo della perfezione dell’essere umano, ma anche l’armonia per ottenere un giusto equilibrio.
Venere sulle ali di drago potrebbere alludere alla parziale purificazione della coscienza dai legami materiali.
Le erme, i pilastri con volti bifronti o quadrifronti messi a proteggere le abitazioni e le vie, ma anche a significare le quattro età della vita.
CASA PENDENTE
Il grande teatro, è forse l’allusione al teatro che è la vita stessa.
La casa pendente costruita su un masso inclinato. Salendo i gradini si accede all’interno della struttura inclinata, dove si viene sopraffatti da stordimento e vertigini,chiara allusione a ciò che si sperimenta quando mancano le certezze morali. In origine, si pensa che da questo lato si trovasse l’entrata del parco.
TERRAZZA RIALZATA
Su un terrazzo rialzato, fiancheggiato da vasi disposti su due file, si giunge alla scultura di Nettuno rappresentato con due delfini, forse a richiamare la rigenerazione e la saggezza.
Cerere divinità della fertilità e materna pronta ad accogliere nel suo grembo.
Si procede passando acconto alla ninfa dormiente con accanto un cane, il ninfeo con due leoncini, fontane con delfini, e le tre grazie che rappresentano animo, corpo e fortuna e ancora un altro ninfeo con due tritoni e una vasca.
L’elefante sormontato da una torre e un legionario stritolato con la proboscide. Qui l’Elefante allude alla calma e potenza necessaria all’uomo per combattere contro l’ignoranza e arrivare alla sapienza dentro la simbolica torre.
Il drago attaccato da un cane, un leone e un lupo, sottintende alla difficoltà di trovare un equilibrio interiore.
L’ORCO
L‘orco la figura più famosa del parco raffigura un volto con bocca spalancata sulla quale appare la scritta “Ogni pensiero Vola“. All’interno trovano posto un tavolo e una panca in pietra.
La scultura vuole suggerisce la necessità di abbandonare la ragione a favore dell’intuizione e a penetrare nei meandri della mente umana. Da antichi documenti di deduce, tuttavia, che la scritta originale fosse “Lasciate ogni pensiero voi ch’entrate”, chiara allusione all’inferno di Dante.
VIALE DELLE GHIANDE E DELLE PIGNE
Il vaso monumentale vuole probabilmente contenere la ricchezza interiore raggiunta dopo un lungo cammino.
La panca storta sotto un arco, invita a una pausa prima di continuare il percorso di purificazione e di crescita intrapreso.
Il cerbero, il cane a tre teste dell’ade, a guardia dei morti vuole essere un avvertimento a non cedere alla falsa conoscenza e affidarsi all’intuizione divina. Rappresenta le varie fasi del tempo: il passato il presente e il futuro.
Il viale di ghiande e pigne e due orsi. La pigna rappresenta l’abbondanza e il fuoco, mentre la ghianda simboleggia l’immortalità. I due orsi richiamano lo stemma della famiglia Orsini ma anche l’orsa minore e l’orsa maggiore.
Il dio Pan è l’emblema dell’istinto animale e della natura selvaggia, contrariamente agli orsi che sono ammaestrati e domati.
ECHIDNA-LA FURIA ALATA
L’echidna, la furia alata e i due leoni. Questa scenografia vuole richiamare gli elementi della terra. L’echidna è una donna con due code di pesce o forse di serpente, che evoca lo scambio di energia creatrice con la terra.
La furia alata rappresenta invece una donna con ali di pippistrello e una coda che ricorda le tenebre e simboleggia l’aria. I leoni centrali simboleggiano il corpo e lo spirito con la loro potenza .
Innerpicandosi sulla collina, si giunge alla Terrazza circolare, allusione agli antichi templi dove si conservava il sacro fuoco, in questo caso la conoscenza.
Ultima tappa di questo viaggio è il grande tempio, dove probabilmente è stata sepolta in origine Giulia Farnese.
Eccoci giunti alla fine del percorso ad anello del Parco dei Mostri. Queste, ovviamente, potrebbero essere alcune delle interpretazioni, che studiosi e filosofi hanno voluto dare.

Il visitatore è naturalmente libero di lasciarsi andare a interpretazioni personali e fantasiose o, semplicemente, godere dell’atmosfera surreale che il parco irradia.
BOMARZO BORGO
Il borgo di Bomarzo è dominato dall’imponente palazzo Orsini, costruito su un precedente castello medievale. Questa dimora rinascimentale ospita oggi la sede del Comune e presenta sale affrescate, come la volta della sala del consiglio con l’allegoria della pace e della guerra.
L’abitato è cresciuto intorno al castello, e si è evoluto allo scopo di controllare le vie commerciali, con case addossate le une alle altre, che presentano scalinate medievali in pietra.
PIRAMIDE ETRUSCA DI BOMARZO
Bomarzo, tuttavia, riserva altre sorprese, oltre al Parco dei Mostri e al suo compatto centro storico. Il paese è infatti circondato dai boschi dei monti Cimini, carichi di un’atmosfera misteriosa e arcaica. Seguendo un sentiero che parte da Bomarzo e si inoltra nel bosco si raggiunge la Piramide etrusca.
La scoperta di questa meraviglia, la si deve a Salvatore Fosci, un appassionato del luogo, che fin da bambino accompagnava il padre a pascolare il gregge. Dopo secoli di oblio sotto le radici degli alberi, la piramide, così chiamata perchè somiglia a una piramide maya, è stata riportata alla luce.
Chiamata anche sasso con le scale o del predicatore, questo manufatto è composto da 28 scalini scolpiti nella roccia vulcanica. Doveva trattarsi di un monumento religioso o un altare sacrificale, vista la presenza di un pozzetto sacrificale per raccogliere gli umori delle vittime, forse animali o umane.
Studi approfonditi devono ancora dimostrarne l’origine etrusca se non essere relativa invece di una civiltà precedente. Quella che è certa invece è l’atmosfera sacrale che regna in questo luogo.
CASCATE DI CHIA
Sempre nei boschi attorno a Bomarzo si trovano le cascate di Chia, che hanno stregato lo scrittore-registra Pier Paolo Pasolini, tanto che decise di girare qui le scene del battesimo di Gesù nel suo film “Il vangelo secondo Matteo“.
Chiamate anche Cascate di Fosso Castello sono raggiungibili da un vicino parcheggio seguendo un sentiero scavato in parte nella roccia.
Lo scrittore, appassionato dei paesaggi dell’alto Lazio, che considerava ancora arcaico, comprò i ruderi del castello di Chia, con l’annessa torre, dove un tempo vi si trovavano le macine dei mulini. Qui scrisse fra l’altro il suo romanzo “Petrolio” rimasto purtroppo incompiuto.
NECROPOLI SANTA CECILIA
La necropoli di Santa Cecilia, anch’essa in mezzo ai faggi dei monti Cimini, è un sito utilizzato fin dalla preistoria, in seguito dagli etruschi e poi in epoca paleo-cristiana. In questo luogo giaciono sparse le tombe antropomorfe scavate nella roccia e sarcofagi sporgenti dal terreno, completamente rivestiti di muschi verde smeraldo.
In mezzo i resti della chiesetta rupestre di santa Cecilia dove sono visibili una croce incisa nella pietra, il pilastro dell’altare, la forma dell’abside, alcune decorazioni e le mura perimetrali.
Tutto intorno le pareti di roccia presentano vari fori e nicchie utilizzati probabilmente come piani di appoggio nelle case costruite a ridosso e vasche usate probabilmente per spremere l’uva. Nei pressi la cosiddetta “finestraccia” è praticamente una tomba scavata nelle pareti di pietra, che in epoche successive è stata sfruttata come ricovero di animali e abitazione durante il medioevo.
Passeggiare in questi luoghi silenziosi e misteriori è sicuramente un’esperienza unica nella storia di popoli antichi.
MONTE CASOLI CITTA’ RUPESTRE
Restando nelle vicinanze di Bomarzo, su un altopiano, sono visibili decine di cavità scavate nel tufo, che si allungano per diverse centinaia di metri sul fianco delle pareti rocciose. Si tratta dei resti della città rupestre di Monte Casoli.
In origine, probabilmente, erano delle tombe etrusche, che nei secoli successivi vennero utilizzate come ricoveri per animali e come rifugio per le popolazioni vicine in caso di pericoli.
Queste antiche abitazioni erano composte da uno o più vani, e nei muri erano ricavate delle nicchie per appoggiare oggetti, oltre a colombari usati in precedenza probabilmente per le urne funerarie. Molte case rupestri presentano finestrelle verso l’esterno oltre a numerosi canali di scolo dove defluivano le acque piovane.